La nostra storia

La Nostra Storia

FARMACIA SAVIGNONI VIA DEI SERPENTI, 125 

fra tante farmacie che hanno fatto storia del costume a Roma, la Farmacia Savignoni, in via dei Serpenti 125, appartiene più di ogni altra al tessuto sociale della città e, come spesso avviene per questo genere di esercizi, le sue vicende sono legate alla professionalità e all'umanità dell'uomo che l'ha guidata per tanti anni, il mitico dott. Ernesto Savignoni; nato nel 1848 e morto nel 1951, all'età di 103 anni, dopo aver attraversato un secolo ricco di fatti e di sconvolgimenti. Ernesto Savignoni, fedelisimo di Pio IX, era stato educato nel mito della città dei papi, per cui quando i bersaglieri aprirono la breccia, facendo di Roma la capitale d'Italia, il dott. Savignoni, per coerenza ai suoi principi e lealtà nei confronti del suo vecchio sovrano, chiuse il negozio per tre giorni.
Il nome dato alla via in cui sorge la farmacia ce lo spiega un vecchio documento in cui si parla di Casa nel Cantone dei Cerasola, dove stanno le serpe dipinte e dove abita Francesco oste.
 A quel tempo la  strada si chiamava Stradone della Madonna dei Monti e al n° 2 abitò e morì San Benedetto Giuseppe Labre, detto il santo dei pidocchi poiché non voleva schiacciarli in quanto creature di Dio. Ma torniamo alla Farmacia Savignoni, che dal 1919 viene retta dal nipote di Ernesto, Vincenzo Bartoleschi, non meno popolare del Santo, se non altro per la sua rettitudine, ma soprattutto per la sua generosità. Era tale la sua popolarità che riceveva cartoline con questo semplice indirizzo: Al sor Vincenzo, farmacista, Roma, perché sempre disponibile nei confronti dei pazienti, verso i quali era prodigo di consigli, di cure e di balsami, unguenti, elettuari. Tutto dedito alla sua missione, Vincenzo Bartoleschi fece dono, negli anni, anche di quei vecchi vasi di ceramica, degli alambicchi, degli albarelli e di un mortaio datato 1738, fuso con monete degli Imperatori Romani, che testimoniavano l'aristocrazia dell'arredamento. Oggi, di quel patrimonio sono rimasti il banco di vendita, con tre cariatidi in legno massello e gli austeri mobili in noce, di gusto tra il rinascimentale e il barocco a sancire la sacralità del luogo deputato a celebrare il culto della salute. Ma bastano per regalarci l'atmosfera necessaria a ritrovare le suggestioni del secolo scorso, quando la farmacia era un laboratorio e le medicine venivano preparate su indicazione del medico. E dove si stabiliva un rapporto a tre tra il medico curante, il farmacista e il paziente. Questa eredità di rapporto è stata raccolta e mantenuta da Carlo e Maria Donata, figlio e nipote del ''Sor Vincenzo''.